Atlas Shrugged, o di una sana incazzatura

 “Giuro sulla mia vita e sull’amore che provo per essa che non vivrò mai per il bene di un altro uomo né chiederò mai ad un altro uomo di vivere per il mio”

John Galt, Atlas Shrugged

Ogni recensione italiana del romanzo “La rivolta di Atlante” di Ayn Rand osserva con 662stupore, come premessa, come sia pressoché sconosciuto in Italia un libro che negli Stati Uniti rappresenta una fra le letture più note e fondamentali. Viene letto in diverse scuole superiori come da noi la Divina Commedia, vanta 7 milioni di copie vendute a inizio millennio cui se ne aggiungono circa 250mila ogni anno ed è -secondo un sondaggio compiuto dalla Library of Congress- il secondo libro più letto in USA dopo la Bibbia (al terzo posto la Guida Galattica per Autostoppisti).

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Da qualche parte nel mondo c’è una ragazzina che mi scrive messaggi.

Da qualche parte nel mondo c’è una ragazzina che mi scrive messaggi.

Ciao come state, quando vieni a trovarci, ti aspetto, mi manchi.

E’ una ragazzina con una vita non facile, affrontata con un pieno di ottimismo, spensieratezza e spericolatezza dell’età: qualsiasi cosa accada, stiate sicuri che farà di tutto per divertirsi. Continue reading

La frustrazione ingrata di un figlio di Madre Che Legge

la Madre Che Legge ha un Figlio Che Non Legge. Per la Madre Che Legge questo è fonte di velata insoddisfazione: ha seguito i dettami dei pedagoghi, letto ad alta voce dalla più tenera età, visitato biblioteche per bambini, aperto un conto in libreria.

Niente da fare. Continue reading

Un post per #tER, turismo Emilia Romagna

Gli amici di Turismo Emilia Romagna questa estate hanno promosso un’iniziativa molto interessante: far raccontare la loro regione attraverso sguardi di persone, uomini e donne che vi sono nati o che semplicemente sono passati per l’Emilia Romagna e ne sono rimasti incantati.
Mi hanno chiesto di partecipare con il mio ‘sguardo’, uscito qualche settimana fa.

Ci metto sempre un po’ a capire se sono soddisfatta di ciò che scrivo, ma ore che è passato un po’ di tempo ho deciso che non me ne voglio dimenticare (ché ultimamente Bologna la sto trascurando, e mi manca).

Metto qui l’inizio: poi, se volete, potete andare a vedere sul sito di tER come va a finire.

Ecco la mia Bologna ‘solo per lavoro’

Allora, in realtà io delle cose belle di Bologna non posso parlare, perché non le conosco. Perché non ho tempo per le cose belle di Bologna visto che io a Bologna ci vado solo per lavoro. Altrimenti me ne starei a Genova: starei con i miei figli, mio marito. Ho le lavatrici da fare, ho i colloqui con gli insegnanti, ho il cane da portare fuori, le bollette da pagare, a Genova: figurati se ho tempo di andare a Bologna per vedere le cose belle.
A Bologna io ci vado solo per lavorare.
Che poi, non è che Bologna vada benissimo per lavorare se vieni da fuori, mi hanno anche avvertito che Bulaggna, la grasa par chi i sta, brisa par chi i pasa, che vuol dire che i bolognesi ti fregano, così ho capito io. Me lo hanno hanno raccontato un paio di conoscenti mangiando gnocco fritto, tigelle e sgabei in quella zona di confine che è l’appennino tosco-ligure-emiliano, terra d’incontri (…).

(Continua a leggere su tER)

Assemblea condominiale (Marchionne non è solo)

Verbale dell’Assemblea di condominio civ. X via Y (palazzo residenziale in zona-bene di ZZZ)

Ordine del giorno: varie ed eventuali

1- Il dott. Rossi, proprietario dell’appartamento int. n. 5, richiede che il portinaio sig. Bianchi dello stabile venga licenziato, con preavviso di 15 gg. in quanto lo ha schiaffeggiato, nell’atrio del palazzo durante l’esercizio delle sue funzioni.
Il dott. Rossi, spinto dai condomini a fornire maggiori dettagli sulla vicenda, spiega che alla richiesta di sostituire una lampadina fulminata nel suo pianerottolo, dopo essersi ripetutamente rifiutato di compiere il suo dovere, il sig. Bianchi lo malmenava, schiaffeggiandolo al volto. Il dott. Rossi riferisce anche di non ricordare precisamente la data del fatto.
Prima di procedere alle votazioni, l’Amministratore richiede autorizzazione a interrogare personalmente il sig. Bianchi per conoscere la sua versione dei fatti.
(CUT)

Verbale dell’interrogatorio effettuato da parte dell’amministratore, dott. Verdi, al Portiere, il sig. Bianchi.

dott. Verdi: “Il dott. Bianchi riferisce che lei si è rifiutato di effettuare la sostituzione di una lampadina durante lo svolgimento delle sue mansioni. Come mai?”

sig. Bianchi: “Il giorno 25 Dicembre, come da contratto, ero in ferie. La mattina, intorno alle 10.00, sono uscito dal mio appartamento e ho visto che nell’androne del palazzo era presente una grossa macchia di pipì di cane. Pur essendo giorno di ferie, ho pensato che era natale, e che, se qualche condomino avesse avuto visite per l’occasione, sarebbe stata di cattivo gusto la presenza della pipì nell’atrio. Sono rientrato nell’appartamento, ho preso secchio e stracci ed ho pulito e disinfettato la macchia. Sono tornato nell’appartamento ed ho riposto i miei strumenti di lavoro. Sono poi nuovamente uscito per riprendere le mie faccende personali. Nell’atrio ho incontrato il dott. Rossi, che mi ha segnalato la presenza di una lampadina fulminata nel suo pianerottolo. Ho fatto presente al dott. Rossi che quel giorno non stavo lavorando, e che avrei cambiato la lampadina nel primo giorno feriale. Il sig. Rossi ha insistentemente fatto notare che la lampadina sarebbe restata spenta per giorni, e che mio dovere era provvedere al più presto alla sostituzione. Ho detto al dott. Rossi che avrei cambiato la lampadina il primo possibile, ma in quel momento stavo recandomi ad un pranzo natalizio dai miei suoceri, e, dopo l’incidente della pipì, non volevo arrivare in ritardo. Il Dott. Rossi mi ha ripetutamente insultato dicendo che ero un nullafacente e che in quanto portinaio del condominio ero pagato per risolvere i problemi del condominio, e che per cambiare una lampadina ci avrei messo pochi minuti, e se non lo facevo era solo perché non avevo voglia di lavorare. Ho ignorato il dott. Rossi e sono uscito in strada per acquistare un vassoio di pasticcini. Circa 20 minuti dopo sono rientrato per prendere la mia famiglia e andare a pranzo dai miei suoceri. Il dott. Rossi era ancora nell’androne del palazzo, e ha ripreso a insultarmi, mettendosi davanti alla porta del mio appartamento e ingiungendomi di andare subito a cambiare la lampadina. Ho sorpassato il dott. Rossi dicendo che doveva andare a farsi i fatti suoi come io stavo andando a farmi i miei. Sono entrato nell’appartamento, ho preso la mia famiglia e sono uscito dalla porta del giardino”.

dott. Verdi: “Il dott. Rossi riferisce che lei la ha schiaffeggiata. Conferma questo fatto?”

il sig. Bianchi tergiversa e fa gesti vaghi. Spinto a fornire una risposta dice: “Nel momento in cui il dott. Rossi si è messo davanti alla mia abitazione, ha messo il braccio e la mano sulla serratura, impedendomi di infilare la chiave. A quel punto, ho spostato la mano del Dott. Rossi. Il Dott. Rossi la ha rimessa. Allora con un gesto ho spinto il braccio del Dott. Rossi contro il suo corpo, e con l’altra mano ho aperto la porta di casa e sono entrato. Forse ho spinto il dott. Rossi bruscamente, ma la spinta è avvenuta sul braccio, e non sul viso”.

dott. Verdi “Era presente qualche altra persona che possa testimoniare l’accaduto? La sua versione diverge da quella del Dott. Rossi, come possiamo stabilire che lei stia veramente dicendo la verità?”

sig. Bianchi “Non era presente nessun altro. Io sto dicendo la verità”.

Verbale dell’Assemblea di condominio civ. X via Y

Ordine del giorno: licenziamento portinaio dello stabile, sig. Bianchi

L’amministratore dott. Verdi, dopo aver presentato il verbale dell’interrogatorio effettuato verso il portinaio, sig. Bianchi, mette ai voti la questione del licenziamento del portinaio stesso.
Dopo le operazioni di voto, per alzata di mano, cinque condomini su otto sono favorevoli al licenziamento. Fra i contrari, la dott.ssa Azzurri (int. 2), chiede di avere la parola.

La dottoressa Azzurri riferisce che è possibile che la mattina del 25 dicembre il suo cane abbia fatto la pipì nell’atrio del condominio. Dice che la questione non ha alcuna rilevanza con l’atteggiamento aggressivo tenuto dal portinaio nei confronti del dott. Rossi, ma che, essendo lei comunque responsabile di un piccolo fatto increscioso, si sente in dovere di intercedere, per una volta e una sola, e concedere una seconda possibilità al sig. Bianchi.

Si procede ad una seconda votazione: sette condomini su otto votano la seconda opzione proposta dall’amministratore: non licenziare il portinaio, ma procedere con l’aggiunta di un’ammenda di otto ore di lavoro non retribuito. Si richiede inoltre che il portinaio presenti le sue scuse ufficiali al Dott. Rossi.

La riunione si svolge all’interno del palazzo, e il sig. Bianchi è stato preavvertito. La dott.ssa Azzurri chiama il sig Bianchi e lo invita alla riunione di condominio.
Il sig. Bianchi, con accanto la moglie, che occasionalmente lo aiuta nella pulizia del palazzo, e i suoi due figli, che abitano con loro nell’appartamento messo a disposizione dal Condominio, in mezzo all’assemblea si rivolge direttamente al sig. Rossi porgendogli le sue più sentite scuse, ammettendo un comportamento sgradevole, maleducato e non professionale, assicurando che il fatto non si ripeterà e ringraziando l’assemblea tutta per la possibilità di dimostrare che l’incidente resterà per sempre un fatto isolato.

L’assemblea viene sciolta.

Aborto

Uno dei problemi dei pronto-soccorso ai giorni nostri è che tutto è organizzato per funzionare più velocemente e praticamente possibile: come una catena di montaggio, in cui ogni ingranaggio conosce perfettamente il suo compito, e poco sa di quel che è successo prima o succederà dopo.
Tu entri (sei in una città molto distante dalla tua, e sei sola: per un caso sei riuscita a farti indicare un posto fidato dove andare, ma non conosci nessuno) e parli con una signorina, e le spieghi quel che è successo.
Il momento seguente ti trovi a una scrivania, dove una gentile infermiera ti chiede la data delle tue ultime mestruazioni, poi ti dice la presunta data di nascita, e se vuoi anche il giorno in cui comincia l’astensione obbligatoria dal lavoro. Sorride. Ti dice che il foglietto stampato te lo lascia, per ricordo. Confusamente pensi che se sei lì è perché qualcosa non va, che tanto entusiasmo forse è inopportuno, ma devi passare al livello seguente, quello più importante.

La ginecologa che fa l’ecografia ti fa capire subito che alle domande devi rispondere, non farle. E’ molto professionale. Quando la sonda va nel posto giusto riconosci subito quell’esserino che ha testa, corpo, gambe a penzoloni e quasi ti pare di vedere un braccio sul petto. Forse è fantasia. Il fatto è che sai benissimo che sotto l’immagine c’è una linea retta, e un rumore di fondo confuso, di televisore non sincronizzato. Di solito quel rumore prende a trasfomarsi in un continuo ‘pow-pow-pow-pow’, che quasi ti fa venire le lacrime agli occhi, e la linea prende a danzare.
Però prima che tu metta a fuoco il tutto, la dottoressa passa sull’ecocolor, si vedono i colori blu e rosso: è il flusso del sangue. Riconosci il percorso del cordone. Però, di nuovo, visto che non è la prima volta, vedi che il colore si ferma al termine del cordone e non va oltre. Di nuovo non metti a fuoco i pensieri che la dottoressa ti chiede se hai figli e quanti anni hai. In verità quando ti dice che sei ancora giovane hai già capito che ciò che hai visto è solo l’ombra di quel figlio che ti faceva tanta paura avere, ma per cui avevi già comprato la lana per i primi golfini.

Esci di lì e chiami il tuo uomo a cinquecento chilometri di distanza: spieghi tutto con calma e razionalità, gli dici che non era proprio il momento giusto, che è tutto esattamente come dicevi tu (sentendoti un po’ in colpa perché lui invece ci aveva creduto e sperato dal primo istante). Gli dici che non hai paura di niente, e bisogno di nessuno. Che se non fosse stata solo un’ombra allora sì, sarebbe dovuto venirti a prendere, ma che visto che non c’era più nulla da fare, tornartene a casa da sola sarebbe stato il male minore. Che andava tutto bene. Che tutto era a posto. Finché sta dentro siete entrambi al sicuro, pensi.

Poi la notte ti svegli che hai le contrazioni come se dovessi partorire. In realtà sono meno forti ma c’è più nausea: è un dolore continuo. Visto che sai che è solo un’ombra cerchi di dormire e di nascondere tutto nell’incoscienza del sonno. Sei completamente rincoglionita quando prendi un asciugamano, e poi un altro e infine un terzo, sai solo che vuoi che quel momento passi più in fretta possibile.

Poco dopo -è già mattina- ti alzi per il dolore e ti rendi conto che l’ombra sta uscendo, che è bianca, piccola, ma completa: la testa, il corpicino, e le braccina conserte sul petto.
Non sei a casa tua, e ti ritrovi a coprire le tracce del tuo passaggio lavando il pavimento con l’amuchina con cui prima disinfettavi le verdure per non prendere infezioni.
Le ultime cose che ricordo sono me china in bagno con un barattolo di Multicentrum Materna con acido folico (per la corretta crescita del feto) che snocciolo un rosario di pillole nel cesso, recitando un silenzioso ‘vaffanculo’ per ogni ‘tonf’ nell’acqua.

Quattro chili in meno e mezz’ora dopo ero di nuovo al pronto soccorso, dove non c’era la dottoressa consigliata, ma mi regalavano un pacchetto di assorbenti post-parto e mi dicevano di farmi vedere dal mio medico curante. E poi c’è Fabrizio che mi viene a prendere per portarmi dal medico curante a cinquecento chilometri di distanza, facendo la via crucis più pesante della nostra vita, sostando in ogni autogrill presente sulla Roma-Livorno-Genova e parlando di quintadicopertina, di TAG semantici e di informazione digitale.

Genova: Forte Begato ieri e oggi, con lo sguardo di un cinquenne

Simone fa colazione sfogliando ‘I forti di Genova’ di Stefano Finauri, non sa leggere e guarda solo le figure ma s’impegna: sa che son castelli intorno a Genova, che esistono, che son veri e che se rompe adeguatamente le scatole mamma e papà poi ce lo portano.
Vista tanta passione il fratello interviene in suo aiuto, e gli legge un po’ di storia:

Forte Begato fu costruito attorno al 1830 in un’area già presente nella cinta secentesca delle Nuove Mura, probabilmente inglobando una piccola costruzione già presente, a presidio della collina.
Genova ha diverse cinte murarie che nei secoli sono andate ampliandosi sempre più in periferia, di pari-passo con l’aumentare della potenza delle armi dei nemici: se la prima cinta che circondava il centro antico poteva reggere l’assalto di frecce e dardi infuocati, con l’arrivo dei cannoni si è reso necessario spostare la linea di difesa più lontano, affinché le bombe cadessero in una fascia di territorio ben distante dalle zone abitate. E nacque la seconda cinta secentesca.
Nell’ottocento, nei pressi della cinta vennero costruiti fortini e, come nel caso di Begato, caserme. Begato è (sarebbe) bellissimo: un ampio piazzale antistante alla costruzione su due piani di pietra all’interno ed esternamente ricoperto di mattoni rossi. Un cortile interno, una terrazza, un antico forno, cisterne cucine passaggi più o meno segreti per una costruzione che nel 1849, quando Genova combatteva contro i piemontesi, si rivelò di vitale importanza.

Visto che a raccontar storie son bravina, e che la parentesi storica del novenne rischia di far perdere l’attenzione al giovane appassionato, intervengo nel dialogo per immaginare con loro soldati disposti a difesa delle mura, lanci di catapulte con pietre infuocate che ricordano maggiormente lo scontro finale del Signore degli Anelli rispetto alla storia della Superba. Faccio da arbitro, mentre Niccolò si impossessa di Forte Sperone e bombarda attraverso uccelli portatori di bombe termonucleari globali Simone, ben riparato nel Fortino di Begato, che si prepara al contrattacco con schiere di soldati di pietra e razzi spaziali.

Tant’è: con la fantasia si naviga in un altro mondo, e loro sono ben ancorati a quello reale, e adesso Begato lo vogliono vedere veramente. Ci mettiamo in moto.

Begato oggi
Begato è così descritto dal portale del Turismo del Comune di Genova: ma queste poche righe sono prive del finale.

Begato oggi è una vera schifezza, qualcosa di più profondo di una delusione, per loro e per me, un simbolo che purtroppo va oltre se stesso e dà un’idea di come sono conciati quasi tutti i forti genovesi. A Begato, agli inizi degli anni novanta, il Comune decise che si poteva aprire un complesso per manifestazioni turistiche e culturali, e ci investì una discreta sommetta: si parla di 13 miliardi di lire per una ristrutturazione terminata nel 1996, che però non passò positivamente il collaudo.
Allora si prese idealmente il forte e lo si mise da parte.
Fine dell’interesse, fine degli investimenti, fine dei progetti e delle idee. Vetri nuovi ancora etichettati frantumati al suolo, fili elettrici aperti e privi dell’interno, materiale elettrico rubato. Cancelli e luchetti divelti, una costruzione nuova distrutta e abbandonata.
Per una volta decido di entrare scavalcando anch’io le reti di protezione,  porto i bambini all’interno, dove troviamo strade e ortiche, lamiere sparse e pietre divelte. Simone da una parte la vive come un’avventura, dall’altra guarda un po’ deluso le fotografie del manuale di Finauri, cercando di ritrovare in quel che ha attorno le immagini di un passato che risale a meno di dieci anni fa.

Torniamo a casa tutti e tre sinceramente sconsolati, sul tavolo dell’ingresso un depliant di un posto dove sono stata di recente finisce sotto gli occhi del cinquenne che, esaminata la Fortezza da Basso di Firenze mi chiede ‘la prossima volta mi porti qui’?