White Arrogance e l’ossimoro della cultura indipendente

Sabato 20 ottobre a Parma con Antonella Sinopoli abbiamo tenuto l’ultima presentazione di “White Arrogance – Cosa pensano gli africani di quel che i bianchi dicono di loro” a Ottobre Africano; ultima perché l’autrice è in procinto di partire nuovamente per il Ghana: buon viaggio Antonella, lavorare con te è sempre un’esperienza significativa. 

Reputo questo uno dei momenti maggiormente riusciti dell’anno. Per la prima volta poi è stato palese che ciò che interessa le persone è parlare, confrontarsi, ascoltare e raccontare, mentre leggere un libro o un ebook è fatto secondario. Smettiamola col raccontarci che il testo scritto rappresenti il principale veicolo di cultura e informazione, e apriamoci un po’ di più ai luoghi e agli elementi -formali e informali- che mediano dialogicamente idee e progetti.

Molti presenti in sala hanno partecipato al dibattito, e importante è stato l’apporto di Cleophas Adrien Dioma, organizzatore della manifestazione, e Kossi Komla, medico e autore di “Imbarazzismi”.

Con loro abbiamo ragionato su quanto la lingua rappresenti un veicolo di cultura e sull’importanza di scrivere nella propria lingua natìa, in riferimento alle affermazioni del candidato al premio Nobel Ngugi Wa Thiong’o. Per quest’ultimo, la letteratura africana è veicolata prevalentemente dalle lingue occidentali, francese e inglese principalmente, gli scrittori africani rinunciano a scrivere nel proprio idioma (più di duemila in Africa), rinunciando a una ‘biodiversità linguistica‘ che è anche espressione di cultura. Senza contare che l’africano stesso rinuncia a scrivere nella propria lingua accettando la predominanza anche linguistica di quella degli antici colonizzatori.

Sia Cleo che e Kossi erano fortemente in disaccordo con questa visione. Si scrive nella lingua (che si padroneggia quanto e forse meglio di quella natìa) per essere letti da un maggior numero di persone. Non solo: un cittadino del Burkina Faso che parlasse in un dialetto differente da quello dell’autore, si troverebbe costretto a leggere lo stesso testo sempre in inglese, ma attraverso la traduzione di una terza persona.

La letteratura africana dovrebbe caratterizzarsi attraverso lo stile e soprattutto i contenuti. Il vero problema è che un autore africano deve passare al vaglio di una critica interamente occidentale, in un mercato dominato da canoni qualitativi occidentali, e soprattutto guidato da interessi economici occidentali. Così una iniziativa quale il ‘pinocchio nero‘ (molto positiva) viene ripresa e raccontata ovunque, mentre a nessuno al mondo (occidentale) verrebbe in mente di fare una rappresentazione teatrale de ‘Le mie fiabe africane’ di Nelson Mandela, che sono fiabe *africane* destinate a *africani*.

Come è possibile parlare di cultura indipendente quando i testi scolastici in Africa (qui è sorta una discussione sulla percentuale di scuole che utilizzano libri, le opinioni passavano dal 20% al 60%) sono vagliati e approvati dal Fondo Monetario Internazionale e utilizzano ancora termini come ‘madrepadria’ per definire Francia, Inghilterra o altri paesi colonizzatori? O parlare di “cinema africano” quando a finanziarlo sono enti occidentali, o ancora gli stessi Governi censurerebbero qualsiasi pretesa di letteratura che possa rappresentare un problema politico?

“Cultura indipendente” forse non è altro che un’ossimoro: per tornare al locale, è ossimoro anche qui in Italia, se (temo di aver capito bene, sperando di aver frainteso) una manifestazione come Ottobre Africano ha il patrocinio delle Istituzioni, ma i fondi sono demandati agli sponsor, alle esigenze di visibilità di qualcuno, agli interessi commerciali verso questo o quello. La cultura indipendente non può esistere a queste condizioni che la rendono un fatto privato o volontaristico, e non può prescindere da un discorso politico, sociale ed economico.

Per Quintadicopertina, partecipare a Ottobre Africano (come a molti altri momenti) è stato un evento economicamente a perdere; a guardare il bilancio certe partecipazioni le dovremo rifiutare. Ma se non troviamo il modo di sostenere questi spazi di dibattito, discussione e coinvolgimento, è l’azione culturale a svuotarsi di significato.

2 thoughts on “White Arrogance e l’ossimoro della cultura indipendente

  1. Grazie Cecilia! Lo so, sembra un rimbalzo di complimenti e ringraziamenti, ma come dirti, altrimenti, che anche per me è un enorme piacere lavorare insieme?
    Generare incontri, discussioni, smuovere le persone e farle passare dallo schermo di un computer a una saletta per le conferenze o ad un tavolino di un locale per parlare, confrontarsi. Animarsi insomma. “White Arrogance” è riuscita a fare questo e ne sono contenta. Certo non ci si sta arricchendo. E’ il profitto delle idee che in questo momento sta riempendo le nostre casse, almeno dimostrando che le persone hanno voglia di incontrarsi. E speriamo di più e sempre di più. Continueremo a parlarne perché siamo avide di esperienze. Il resto verrà da sé.

  2. Non solo si è cercato di rintracciare nel contesto del Vicino Oriente antico le premesse forti della scrittura cuneiforme, ma si è anche indagato su altri centri dove la scrittura si sia potuta sviluppare indipendentemente. Sul fatto che l’ America centrale , culla delle civiltà mesoamericane a partire dal 600 a.C., possa essere annoverato tra questi centri c’è un ampio consenso nella comunità scientifica, molto più dubbia è invece la natura delle incisioni Rongorongo rinvenute sull’ Isola di Pasqua . Particolarmente fruttuose sono state le intuizioni di Marija Gimbutas e le sue indagini sui sistemi di registrazione su terrecotte in uso nei Balcani già tra il 6000 e il 5000 a.C. ( cultura di Vinča ), dove però, a differenza che nel Vicino Oriente, la scrittura si sarebbe sviluppata a scopi cultuali, in particolare per i riti legati alla Dea Madre . Tali scritture, precedenti il primo apparire delle cosiddette popolazioni indoeuropee , sono datate tra il 5400 e il 4000 a.C. Sono state avanzate ipotesi secondo cui le forme di registrazione di Vinča avrebbero influenzato la scrittura cuneiforme, mentre più probabile sembra un’influenza diretta sul Lineare A cretese ( II millennio a.C. ) e la scrittura sillabica di Cipro .

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