Short stories per il giornalismo, ma non solo

I primi di febbraio Quintadicopertina ha pubblicato il suo primo instant-book sui fatti recentemente avvenuti in Tunisia: anzi, è stato scritto mentre ‘i fatti’, in Tunisia, stavano accadendo. Nella realizzazione, abbiamo tenuto in considerazione tre direttrici principali: la cronaca, raccontata attraverso le parole dei blogger di Global Voices, la storia e gli accadimenti che hanno portato alla situazione attuale, e infine le risorse della rete: video, tweet, materiale integrativo.

Sulla possibilità di utilizzo dell’ebook -e delle short-stories- come format giornalistico si sta discutendo molto, anche in relazione ai costi e alla risorsa che l’ebook potrebbe rappresentare.

Aggiungo due considerazioni.
L’instant-book potrebbe essere importante non solo perché potrebbe rendere importante ciò che per un libro sarebbe troppo breve (o perché si adatta al nostro cervello ed allo stress “quanti libri, non riesco a leggerli”, come pare suggerire un commento al primo articolo citato). L’ebook permette di dare al lettore qualcosa in più, un valore che su carta non potrebbe essere proposto: contenuti aggiunti, video, fonti linkate o riportate, un eventuale aggiornamento a costo zero per il lettore…

Secondariamente, l’instant-book potrebbe essere sì un valore per i giornali in crisi, ma anche per associazioni, organizzazioni, ONG ed enti impegnati in azioni di comunicazione, attivismo e denuncia.
E all’editore, un nuovo ruolo: reperire, collegare, gerarchizzare, mettere in rete e promuovere testi e tagli differenti, integrando l’inchiesta giornalistica con le narrazioni di storie di vita, o i racconti dei blogger con la cronaca e la storia, senza fossilizzarsi in una unica forma di narrazione per offrire al lettore qualcosa di più, che ‘su carta’ non potrebbe avere.

#FailedGenova, come allontanare cittadini e turisti da servizi e cultura

Troppi cittadini si sentono in diritto di utilizzare i servizi pubblici? Le strutture turistiche sono infastidite da un continuo flusso di visitatori e turisti? Nessun problema: ecco alcune piccole iniziative intraprese per aumentare le distanze fra città, servizi pubblici e offerta culturale, e diminuirne l’utenza.

Il sottomarino Nazario Sauro come la sorpresina delle patatine

Ieri ho portato il seienne a visitare il sottomarino Nazario Sauro al Porto Antico. Credevo che i motivi per cui volessi vedere solo il Nazario Sauro e non il Museo del Mare fossero fatti miei, invece no. Anzi, sì: certo che puoi visitarli separatamente, ma devi acquistare il biglietto unico cumulativo. Ancor più precisamente, con un biglietto puoi visitare il Museo del Mare, ma per salire sul Nazario Sauro devi farne uno per entrambi. Come la sorpresina delle patatine, però a pagamento.

Però, come dice gentilmente la cassiera, non è necessario vedere anche il MuMa, si fa il biglietto che tanto vale un anno, e poi si passa direttamente al Nazario Sauro. Una visita da un quarto d’ora -tanto dura l’audioguida che ti viene consegnata gratuitamente(?) con il biglietto d’ingresso- per 28 euro per un adulto e un bambino (o 26 con qualche tessera-sconto).

Ho ceduto al ricatto perché lo avevo promesso al seienne ma l’altro non ce lo porterò, semplicemente perché il costo non è sostenibile per un genovese che voglia passare la domenica pomeriggio a portar figli per musei. E’ un investimento cui non posso fare l’abitudine. Fuori, un gruppo di turisti inglesi mi ha avvicinato per chiedermi se potevo comprare i loro biglietti timbrati per il Nazario Sauro e ancora utili per il MuMa, a metà prezzo e poi rivenderli in seguito. L’imbarazzo era condiviso.

#failed Genova Cultura e Turismo

L’AMT non si fida dei suoi clienti, deve salvaguardare la faccia

Poche settimane fa a Genova il biglietto del bus è passato da 1,20 euro a 1,50. Tralasciamo il fatto che siamo la città con il biglietto più caro in tutta Italia, primato che abbiamo su diversi servizi pubblici come mense scolastiche, mentre ci accontentiamo di un secondo posto dopo Bolzano per gli asili nido: l’aumento è avvenuto in contemporanea ad altre città, esempio a Bologna si è passati da 1 euro a 1,20.

Sul web ho letto il singolare racconto di un cittadino bolognese che descriveva -il giorno prima dell’aumento- lunghe file di persone per acquistare carnet da un euro. Quei venti centesimi di differenza sul bilancio familiare pesano, e se magari hai qualche figlio cerchi di ritardarne l’effetto di qualche settimana. O forse massaie e pater familiae sono sono avidi disonesti che cercano di turlupinare i servizi pubblici? Magari invece si teme un giro di ‘spaccio’ di biglietti a venti centesimi di meno, che sicuramente andrà a incidere pesantemente sulle casse dell’Azienda Trasporti? L’AMT a Genova ha evitato tutto questo con un’abile mossa: i biglietti da 1,20 da un giorno all’altro non sono più validi. Punto. Loro non te lo dicono: ti dicono che valgono ancora, ma che devi andare a cambiarli, dal primo marzo (un mese dopo l’aumento) solo ed esclusivamente presso uno dei centri AMT. Il risultato è che il cittadino che ha sempre pagato regolarmente i mezzi e si trova anche solo con uno o due biglietti del bus deve farsi sostituire il titolo di viaggio previa pagamento della differenza, perdita di tempo, e probabilmente acquisto anticipato di un nuovo titolo di viaggio per andare a effettuare la sostituzione. Il cittadino viene penalizzato ma l’immagine della città è salva: da noi le folle in coda non si sono viste.

#failed Genova AMT servizi e trasporti

Il ‘backstage’ di un istantbook, 70 km dall’Italia. Tunisia 2011: la rivolta del gelsomino

Nonostante sia da qualche mese che, in Quintadicopertina, lavoriamo su un nuova collana legata all’informazione e all’utilizzo della rete per raccontare e sensibilizzare, ’70 Chilometri dall’Italia’ è nato di getto: a gennaio arrivavano quotidianamente le notizie da un continente che sembra lontano mille chilometri, mentre sono solo settanta. Google maps non lo dice: se chiedi un percorso tra Pantelleria e Tunisi ti dice che non ci sono vie possibili. Quasi un simbolo: 70 chilometri che pesano come un muro impenetrabile.
I media descrivevano Ben Ali come una specie di piccolo tiranno della Tunisia, e nasceva spontanea la domanda: ma come è che ce ne accorgiamo solo oggi? Cosa succedeva in Tunisia fino all’altro ieri? Ovvero: cosa sta succedendo nella costa nord-africana in questi giorni?

Credo fosse il giorno prima della caduta di Ben Ali, il 14 Gennaio. Abbiamo cominciato a cercare risposte, tessere collegamenti. Tramite twitter e gruppi on line abbiamo cominciato a contattare blogger, chiedere, proporre. In due notti abbiamo trovato i collaboratori essenziali: Voci Globali, un esperimento di giornalismo partecipativo, basato sui citizen media e mirato a rilanciare voci e opinioni spesso dimenticate dall’informazione tradizionale, che ha una particolare attenzione verso Paesi in via di sviluppo, violazione dei diritti umani, giustizia sociale, tutela delle minoranze, rispetto della libertà di espressione, digital divide, migranti e fenomeni migratori. E che sostiene incontri ed eventi pubblici per informare e sensibilizzare.
Accanto a loro Mehdi Tekaya, uno storico contemporaneo, vicino alle tematiche del media activism,che ci ha aiutato a costruire un quadro di riferimento composto da una decina di schede storiche, correlate agli avvenimenti attuali.

Poi si è passato a scrivere, confrontare, verificare. Linkare video interessanti e materiale di approfondimento, creare una struttura per un testo che potesse essere ‘navigabile’ come un sito internet e che, volendo, potremo aggiornare con estrema facilità.

Ci abbiamo messo altri 10 giorni, e poi altri 3 per impaginare e digitalizzare il tutto, con Fabrizio che tirava accidenti per la visualizzazione corretta delle scritte in arabo, Mehdi che ci aggiornava sugli ultimi avvenimenti, Bernardo Parrella, co-curatore del testo assieme a me, che raccoglieva le traduzioni fatte da Global Voices italiano dei più importanti interventi dei blogger tunisini nei giorni della rivolta.

Ne è nato un ebook contemporaneo, con un occhio alla storia e alla visione a largo respiro, e un occhio alle fonti digitali dirette: i blog, i tweet, youtube. Ce ne siamo resi conto il 31 gennaio, un giorno prima della messa in stampa digitale, impaginando le ultime pagine del libro che raccontavano gli avvenimenti accaduti poche ore prima.
Editoria digitale significa anche questo, connettere la contemporaneità con la profondità della storia, e dare al lettore la possibilità di navigare da un piano all’altro, spostandosi dalle cause alle conseguenze, dalle fonti storiche a quelle dirette. E poi uscire dal libro: con link ai canali che continuano ad informarci anche dopo che abbiamo finito di leggerlo.