Educazione Democratica e Democrazia Autentica

E’ da poco uscito il primo numero di Educazione Democratica, una rivista semestrale che ‘intende esplorare il nesso fra un’educazione autentica, vale a dire fondata sul rispetto reale della libertà e dell’autonomia di tutti i soggetti coinvolti nei processi educativi, e una democrazia autentica, vale a dire un sistema nel quale tutti abbiano un potere reale, e non solo retorico né limitato al rito formale, sporadico e sempre più inconsapevole del voto’.

I principi e le linee guida di ED sono esplicitate nel manifesto, i numeri sono consultabili gratuitamente sul sito, i testi rilasciati con licenza Copyleft.

Ma ED è di più di una semplice rivista: è un gruppo di ricerca, che numero dopo numero affronta e analizza un tema e le sue correlazioni all’educazione democrativa e alla pedagogia politica, sviluppando apertamente un confronto internazionale sul tema.

Per me, che nell’ambito che meglio conosco, il carcere, sono sempre restia a utilizzare termini quali ‘educazione’ e pedagogia’ (o ancor peggio ‘rieducazione’), prediligendo affrontare il discorso in termini di comunicazione, interazione e confronto, partecipare a ED ha rappresentato un’occasione per confrontarmi in maniera costruttiva e propositiva sul carcere e la comunicazione, per arrivare infine ad una ri-appropriazione del termine ‘pedagogia’ in quanto scambio, confronto, e percorso di crescita di tutti gli autori di una relazione.
Ne è uscito un saggio breve, ‘Il carcere e i paradossi della detenzione’, su cui sono felice di continuare a confrontarmi.

Ma oltre al mio nel primo numero di ED ‘Carcere e dignità umana’ potrete leggere l’intervento di Valeria Piré ‘Carcere e dignità umana’, un’intervista a Carmelo Musumeci, sulla condizione degli ergastolani in Italia di Agnese Pignataro, un’esperienza di maieutica strutturale nel carcere di Pisa, a cura di F. Capello, l’analisi della trasformazione del carcere di Tihar, in India, sotto la Direzione di Kiran Bedi di Antonio Vigilante. E poi interventi, esperienze e studi per orientarsi fra pegagogia politica e intervento in carcere (qui l’indice completo).

‘L’arte delle donne’

Il colpo di grazia me lo dà Niccolò: il figlio colto e appassionato, speranza e Sol dell’Avvenire, che a cinque anni ha rifiutato gli albi illustrati comprati dopo l’ennesimo seminario su bimbi e lettura esclamando “Ma questi son libri per mamme! Ci trattano da scemi, servono solo per far felici voi grandi”, e cresciuto a mostre, cataloghi d’arte, letture condivise su attualità e libero accesso alle sezioni per adulti delle biblioteche.
Il novenne sfoglia sul divano Alfabeta2, e mi chiede cosa siano queste ‘Arti delle donne’. Gli domando se secondo lui esistono ‘arti’ -occupazioni- in cui le donne eccellono e lui mi risponde ‘Certamente: le donne son più brave degli uomini a tessere la tela, cucire i vestiti. Io di donne artiste non ne conosco‘.
Capisco che è meglio fermarsi, alle sette e mezza di mattina non sono padrona delle mie reazioni.

Potrebbero essere solo piccoli equivoci senza importanza, ma unendo i puntini assieme il disegno che emerge non pare casuale.
Come la giornalista che mi chiama per un’intervista su Quintadicopertina, mi trova libera e disponibile ma subito mi dice ‘Forse non ha capito signorina, non voglio parlare con un’impiegata lei mi deve mettere in contatto con il suo Capo‘ e non ha detto superiore: aveva proprio bisogno di un uomo.

Come mia madre, che rifiutando apertamente una conversazione in proposito, cerca in rete ‘ebook Fabrizio Venerandi‘ per capire cosa sia Quinta, finendo con l’iscriversi al forum della Simplicissimus e registrarsi al sito di Bol.it, senza avere un’idea di cosa ‘suo genero‘ stia combinando questa volta.

O il giornalista che mi chiama perché vuole me, perché per par condicio si son resi conto che parlano troppo di uomini e necessitano di una donna -qualunque ruolo abbia- per pareggiare i conti.

L’amica progressista mi dice che ho torto perchè ‘uso la mia femminilità nel modo sbagliato‘: curo poco corpo e aspetto, come se la conquista delle donne negli ultimi trent’anni fosse aver guadagnato l’ora fra le sette e le otto per truccarsi in bagno piuttosto che fare lavatrici, si paga in nero nove euro l’ora la colf sudamericana (donna).
In compenso -prosegue- parlo apertamente di aborto, figli e incombenze domestiche e insisto fastidiosamente nell’enumerare conti e spese quotidiane.

E’ un brutto neo nella rappresentazione di me stessa, una falla profonda del mio marketing personale. Non mi dovrei permettere di dire che a perdere un figlio al quarto mese di gravidanza si soffre perché mi mostro debole, non dovrei esporre troppo quel vivere reale fatto dei miseri problemi che circondano la gente e le donne. La summa di quei piccoli particolari (scuole con orari che non vengono incontro, costi del pubblico superiori al privato, riunioni convocate senza tener conto delle esigenze lavorative dei genitori e via crescendo), che finiscono con far chiedere a una coppia se non sarebbe più conveniente che uno dei due ‘stesse a casa’ (ché lo stipendio medio in Italia si aggira sui 20 mila e non sui 30).

E’ giusto che Nicco dica che ‘Papà fa l’editore, e mamma gli tiene i contatti e i conti‘; riproduce nel lavoro quel che faccio per lui: pagare l’atletica, andare alle riunioni scolastiche, stabilire tempi e impegni della giornata.
Di per me, continuerò a non rispondere alle mamme dei compagni di scuola che hanno Fabrizio come referente ma chiamano me per parlare con una ‘donna’, e fare le lavatrici fra le sei e le sette, che il costo di una colf con contratto e contributi si aggira sui 70 euro a mezza giornata e non 36, e che la dignità mia e sua ce la costruiamo con rispetto dei reciproci diritti. Personalmente il rispetto me lo guadagno per le banalità che compio ogni giorno a casa e lavoro, lavatrici comprese, e non attraverso un immagine forse più attraente, ma ben distante dalla realtà del vivere quotidiano.

Assemblea condominiale (Marchionne non è solo)

Verbale dell’Assemblea di condominio civ. X via Y (palazzo residenziale in zona-bene di ZZZ)

Ordine del giorno: varie ed eventuali

1- Il dott. Rossi, proprietario dell’appartamento int. n. 5, richiede che il portinaio sig. Bianchi dello stabile venga licenziato, con preavviso di 15 gg. in quanto lo ha schiaffeggiato, nell’atrio del palazzo durante l’esercizio delle sue funzioni.
Il dott. Rossi, spinto dai condomini a fornire maggiori dettagli sulla vicenda, spiega che alla richiesta di sostituire una lampadina fulminata nel suo pianerottolo, dopo essersi ripetutamente rifiutato di compiere il suo dovere, il sig. Bianchi lo malmenava, schiaffeggiandolo al volto. Il dott. Rossi riferisce anche di non ricordare precisamente la data del fatto.
Prima di procedere alle votazioni, l’Amministratore richiede autorizzazione a interrogare personalmente il sig. Bianchi per conoscere la sua versione dei fatti.
(CUT)

Verbale dell’interrogatorio effettuato da parte dell’amministratore, dott. Verdi, al Portiere, il sig. Bianchi.

dott. Verdi: “Il dott. Bianchi riferisce che lei si è rifiutato di effettuare la sostituzione di una lampadina durante lo svolgimento delle sue mansioni. Come mai?”

sig. Bianchi: “Il giorno 25 Dicembre, come da contratto, ero in ferie. La mattina, intorno alle 10.00, sono uscito dal mio appartamento e ho visto che nell’androne del palazzo era presente una grossa macchia di pipì di cane. Pur essendo giorno di ferie, ho pensato che era natale, e che, se qualche condomino avesse avuto visite per l’occasione, sarebbe stata di cattivo gusto la presenza della pipì nell’atrio. Sono rientrato nell’appartamento, ho preso secchio e stracci ed ho pulito e disinfettato la macchia. Sono tornato nell’appartamento ed ho riposto i miei strumenti di lavoro. Sono poi nuovamente uscito per riprendere le mie faccende personali. Nell’atrio ho incontrato il dott. Rossi, che mi ha segnalato la presenza di una lampadina fulminata nel suo pianerottolo. Ho fatto presente al dott. Rossi che quel giorno non stavo lavorando, e che avrei cambiato la lampadina nel primo giorno feriale. Il sig. Rossi ha insistentemente fatto notare che la lampadina sarebbe restata spenta per giorni, e che mio dovere era provvedere al più presto alla sostituzione. Ho detto al dott. Rossi che avrei cambiato la lampadina il primo possibile, ma in quel momento stavo recandomi ad un pranzo natalizio dai miei suoceri, e, dopo l’incidente della pipì, non volevo arrivare in ritardo. Il Dott. Rossi mi ha ripetutamente insultato dicendo che ero un nullafacente e che in quanto portinaio del condominio ero pagato per risolvere i problemi del condominio, e che per cambiare una lampadina ci avrei messo pochi minuti, e se non lo facevo era solo perché non avevo voglia di lavorare. Ho ignorato il dott. Rossi e sono uscito in strada per acquistare un vassoio di pasticcini. Circa 20 minuti dopo sono rientrato per prendere la mia famiglia e andare a pranzo dai miei suoceri. Il dott. Rossi era ancora nell’androne del palazzo, e ha ripreso a insultarmi, mettendosi davanti alla porta del mio appartamento e ingiungendomi di andare subito a cambiare la lampadina. Ho sorpassato il dott. Rossi dicendo che doveva andare a farsi i fatti suoi come io stavo andando a farmi i miei. Sono entrato nell’appartamento, ho preso la mia famiglia e sono uscito dalla porta del giardino”.

dott. Verdi: “Il dott. Rossi riferisce che lei la ha schiaffeggiata. Conferma questo fatto?”

il sig. Bianchi tergiversa e fa gesti vaghi. Spinto a fornire una risposta dice: “Nel momento in cui il dott. Rossi si è messo davanti alla mia abitazione, ha messo il braccio e la mano sulla serratura, impedendomi di infilare la chiave. A quel punto, ho spostato la mano del Dott. Rossi. Il Dott. Rossi la ha rimessa. Allora con un gesto ho spinto il braccio del Dott. Rossi contro il suo corpo, e con l’altra mano ho aperto la porta di casa e sono entrato. Forse ho spinto il dott. Rossi bruscamente, ma la spinta è avvenuta sul braccio, e non sul viso”.

dott. Verdi “Era presente qualche altra persona che possa testimoniare l’accaduto? La sua versione diverge da quella del Dott. Rossi, come possiamo stabilire che lei stia veramente dicendo la verità?”

sig. Bianchi “Non era presente nessun altro. Io sto dicendo la verità”.

Verbale dell’Assemblea di condominio civ. X via Y

Ordine del giorno: licenziamento portinaio dello stabile, sig. Bianchi

L’amministratore dott. Verdi, dopo aver presentato il verbale dell’interrogatorio effettuato verso il portinaio, sig. Bianchi, mette ai voti la questione del licenziamento del portinaio stesso.
Dopo le operazioni di voto, per alzata di mano, cinque condomini su otto sono favorevoli al licenziamento. Fra i contrari, la dott.ssa Azzurri (int. 2), chiede di avere la parola.

La dottoressa Azzurri riferisce che è possibile che la mattina del 25 dicembre il suo cane abbia fatto la pipì nell’atrio del condominio. Dice che la questione non ha alcuna rilevanza con l’atteggiamento aggressivo tenuto dal portinaio nei confronti del dott. Rossi, ma che, essendo lei comunque responsabile di un piccolo fatto increscioso, si sente in dovere di intercedere, per una volta e una sola, e concedere una seconda possibilità al sig. Bianchi.

Si procede ad una seconda votazione: sette condomini su otto votano la seconda opzione proposta dall’amministratore: non licenziare il portinaio, ma procedere con l’aggiunta di un’ammenda di otto ore di lavoro non retribuito. Si richiede inoltre che il portinaio presenti le sue scuse ufficiali al Dott. Rossi.

La riunione si svolge all’interno del palazzo, e il sig. Bianchi è stato preavvertito. La dott.ssa Azzurri chiama il sig Bianchi e lo invita alla riunione di condominio.
Il sig. Bianchi, con accanto la moglie, che occasionalmente lo aiuta nella pulizia del palazzo, e i suoi due figli, che abitano con loro nell’appartamento messo a disposizione dal Condominio, in mezzo all’assemblea si rivolge direttamente al sig. Rossi porgendogli le sue più sentite scuse, ammettendo un comportamento sgradevole, maleducato e non professionale, assicurando che il fatto non si ripeterà e ringraziando l’assemblea tutta per la possibilità di dimostrare che l’incidente resterà per sempre un fatto isolato.

L’assemblea viene sciolta.