Al #Writecamp a Riva del Garda con Quintadicopertina s’è deciso che si sarebbe parlato di temi e di contenuti, non di dinamiche editoriali e non avremo fatto spam su Quinta. Quindi io, che nel ruolo ho quello di far quadrare i conti e verificare che Quinta sia un’impresa e non un volo pindarico, me ne sto zitta, mentre Fabri benché preso alla sprovvista (s’immaginava una chiaccherata più barcamp e meno palco, per questo niente slides o promo luccicanti, mentre la chiaccherata ahimè ci è mancata), riesce a presentare quei tre concetti-base, a spunti per altri approfondimenti.
Io, visto che i suoi già li conosco, di spunti raccolgo quelli degli altri.
Eccoli. Gallizio mi fa ragionare su quelle che sono ‘le sfide’ per un editore digitale.
La prima: ‘portare qualità su una piattaforma di scrittura’. Sono francamente stupita e felice, esplicita una cosa che mi pare ovvia, ma di cui in pubblico non si parla molto. ‘Editore’ è una formula da aggiornare per indicare un promotore di contenuti, testi, saggi, post, articoli e come li vogliamo definire, da proporre al pubblico scommettendo che ‘abbiano un valore’, che siano economicamente remunerativi. Legato al come renderli remunerativi, la sfida è quali canali utilizzare per renderli fruibili al pubblico. Vedere il proprio catalogo come una piattaforma di vendita. E’ la cosa fondamentale per dare valore a un editore digitale, se no effettivamente basta il self publishing. Creare comunità.
Seconda: Quanto ‘dura’ un libro? E un libro digitale? Di più, di meno, tanto-quanto? Considerato il fatto di un’editoria digitale che ancora non c’è e in questa fase una crescita che permetterà di sopravvivere ai contenuti un po’ più di quando la situazione si assesterà, ho la sensazione che un libro potrà durare quanto tu editore/autore sarai in grado di tenerlo al passo con i tempi. Aggiornato e aggiornabile. Se no muore anche lui.
Terza sfida. Dobbiamo trovare un modo di essere anche ‘fisici’. L’ebook deve avere una sua tangibilità. Come qualcuno ha affermato, non possiamo ‘vendere le chiavette ai reading’. E Mafe ha bisogno di qualcosa di tangibile, per condividere a sua esperienza socializzante del leggere un libro. Poi: La qualità: Gallizio ne parla in termini generali, Giulia Blasi, autrice di ‘Il mondo prima che arrivassi tu’, è più pragmatica e accenna al lavoro di editing che una casa editrice piccola non riesce a fare quanto le grandi. Vero, è difficile. In più, nel digitale spesso accanto all’editing ci devi aggiungere un betatesting. Buono, vero.
Mafe parla come lettrice, e lettrice ‘forte’, da quindici libri al mese. 5 ‘Voglio’ e 5 ‘Spero’. Molti sono sulla stessa linea in cui si muove Quintadicopertina, quindi li tralascio perché abbondantemente affrontati. Degli altri mi tengo in saccoccia l’idea del bookbar (cambiassi lavoro ne apro uno, però a Zadar in riva al mare), la ‘morte dell’autore e della sua personalità straripante‘, la socializzazione dei personaggi e lo spin-off, che è una cosa su cui stiamo lavorando per le uscite di novembre.
Giulia Blasi poi accenna, oltre al discorso sulla qualità, al suo desiderio che i personaggi continuino a vivere per mano di altri. Bella idea: certo per realizzarla come editore posso mettere a disposizione una piattaforma e vari strumenti che servano non solo per proporre e vendere contenuti, ma per conversare con i personaggi, con i lettori e altri protagonisti.
Però il legame fra autore ed editore deve essere più forte, e diverso. Ma ne riparleremo.
Infine vedo Il Many, che per me è un mito perché ho molto apprezzato e amato Schegge di Liberazione. Quello sulla sfiga invece non lo ho ancora letto.
Di schegge, mi piace il lavoro, com’è stato impostato, cosa ha fatto, e non da ultimo la qualità degli interventi. Gli ho toccato la mano. Però ho due domande: perché devi aver lavorato gratis? Ma io sono una ‘socialista del web’, me lo hanno già detto. Però, c’è qualità, e lavoro, e tempo perso. Perché non devono essere retribuite? E poi, se fossero arrivati contenuti di dubbia ‘qualità’? Forse le due cose sono collegate.
Un’ultima impressione. Tornando a casa (ma ottocento chilometri con trentotto di febbre si fan sentire…forse ho delirato), dicevo a Fabrizio che in realtà, il lettore-tipo, come Mafe, da 15 libri al mese, l’interlocutore di Quintadicopertina, in media non era al writecamp. Non sto dicendo che chi ci fosse non leggesse 15 libri al mese, anzi ne sono sicura. Ma la stragrande maggioranza di lettori-voraci-italici, quelli che ci interrogano sui contenuti, che raccontano le loro storie, parlano di ‘passioni narrative’ e dei libri letti sono in altri posti, reali e virtuali.