Benvenuto Youcapital! Un modo nuovo di pensare l’informazione

E’ nato Youcapital: un punto di incontro fra innovazione tecnologica, un modo diverso di pensare la comunicazione e l’informazione, una nuova proposta per sostenere l’informazione libera.

Il concetto è semplice: hai un progetto o una proposta, vuoi realizzare qualcosa nel mondo del giornalismo e della comunicazione, ma non sai chi potrebbe finanziarlo? Proponiti e presenta la tua idea. Descrivila dettagliatamente, mostrane il valore. Se la comunità crede nel valore del tuo progetto, sarà la comunità stessa a sostenerlo.

Se infatti le idee hanno direttamente a che fare con il bisogno di informazione e le richieste delle persone, sarà la comunità a farsene carico e sostenerne la realizzazione. Attraverso il crowdfounding la somma di molti piccoli contributi rappresenta un grande capitale con cui può essere attuato un progetto.

Un modo nuovo di pensare la comunicazione e l’informazione, un punto di incontro fra sapere e tecnologie, esperienze e giornalismo, ma anche fra lettori ed autori, e fra autori e finanziatori.

Ieri, pensando alla rete come luogo di scambio di informazioni e saperi, accennavo ai cenacoli di Madame de Stael: Youcapital rappresenta un valido esempio di democrazia della rete, dove chiunque può proporre un progetto, e la sua realizzazione dipende dalla forza dell’idea e dalla partecipazione di chi è pronto a scommettere sulla tua idea, sostenendola anche economicamente.

Adesso mancano solo i progetti.

** Come mi viene fatto notare in un commento, è già presente un progetto: una inchiesta giornalistica proposta da Antonella Beccaria che riguarda lo studio dei fenomeni criminali e di terrorismo fra Belgio e Italia, dal titolo “La strategia della tensione tra Belgio e Italia”. Chi vuole contribuire?

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Più diversi o più uguali grazie alla rete?

L’occasione di ragionare su rete e disagio viene dalla lettura di Disuguaglianze digitali – le nuove forme di esclusione nella società dell’informazione (qui il libro, invece qui una recensione seria), di Sara Bentivegna, un saggio sulle nuove forme con cui si manifesta l’esclusione sociale, in una società dove la rete sta diventando luogo, oltre che di trasmissione di informazioni, anche campo privilegiato per tessere relazioni e costruire reti sociali. Il libro, fornendo anche una analisi approfondita dei modelli adottabili per la comprensione dei meccanismi di inclusione/esclusione, si concentra prevalentemente sul problema dell’accesso alle risorse, e del ‘digital divide‘. Accanto al processo di sviluppo della rete e della interazione sul web vi sono dei mutamenti nei rapporti fra membri nella società, impostati verso un maggior individualismo e personalismo, e una più grande necessità di riconoscersi come membri di un gruppo. Il mancato accesso al web, e di conseguenza l’impossibilità di crearsi il proprio network (o rete sociale), causa quindi un isolamento che non è solo lavorativo, ma coinvolge la sfera di vita sociale, informativa e relazionale, lasciando l’individuo ancora più solo.

Ma se ci spostiamo all’interno della rete, è possibile trovare nel web degli spazi di intervento per ridurre il disagio sociale? Le dinamiche che si creano al suo interno amplificano o riducono le disuguaglianze sociali? Mettendo da parte il problema di accesso alle risorse e il grande capitolo sull’accessibilità, non ancora perfettamente riconosciuta, vi sono diversi strumenti che la rete mette a disposizione per contrastare le disuguaglianze sociali.

Un livello più semplice di considerazioni riguarda i blog, siti, forum che rappresentano uno strumento per chi, anche da casa propria, può superare situazioni di disabilità, raccontarsi, incontrare, tessere relazioni, scoprire strumenti. Audiolibri, informazioni mirate od ausilii specifici sono reperibili tramite il web, con una facilità difficilmente immaginabile fuori dalla rete.

Non solo: il web dà l’opportunità di mettere in contatto nicchie di persone accomunate dalle stesse necessità che, in virtù di un’attività collettiva svolta anche solo esclusivamente in rete, possono aver maggior visibilità ed esercitare una azione di informazione più potente di quanto non possano svolgere indipendentemente. Grazie alla rete possono essere instaurati rapporti con persone con progetti simili, che difficilmente avrebbero potuto sapere della reciproca esistenza. Questo non implica necessariamente un miglioramento della qualità di vita di una persona ad esempio con disabilità che non ha la possibilità di uscire perché abita in un palazzo privo di ascensore o perché non le viene fornita l’assistenza necessaria; ma la possibilità di far conoscere determinate problematiche, la costruzione di una rete e la comunicazione collettiva possono essere un sostegno per azioni di rivendicazione dei diritti che vanno condotte necessariamente nella real life.

Poi: nel saggio, Sara Bentivegna cita diverse volte quello che Merton ha definito come ”Effetto San Matteo“, secondo il quale a chi ha, verrà dato ancor di più, provocando un allargamento della base ed un restringimento e innalzamento della vetta della piramide della società. Trovo che questo teorema possa essere applicato più facilmente alla società che al web. In rete, come indicato dall’autrice, per ‘muoversi bene’ sono necessarie ‘consapevolezze necessarie per l’elaborazione di modalità efficaci di comunicazione‘ e capacità specifiche, ma, una volta garantito l’accesso alla rete, queste si possono acquisire direttamente sul web.

La rete è democratica in quanto da la possibilità a chiunque di acquisire tali competenze, e di ascoltare e partecipare a conversazioni e dibattiti.

Non più i cenacoli di Madame de Stael: si possono condurre dialoghi dove l’importante è l’idea o il concetto da comunicare e il suo valore, e le modalità di comunicazione e partecipazione. Sono queste a sortire differenti disuguaglianze. Conversazioni cui si può partecipare dalla biblioteca civica cittadina, preparando la cena, da uno scantinato o dall’ufficio in pausa pranzo. Si ha la possibilità di accedere (e magari accrescere il proprio network) a discussioni che in real life sarebbero ‘di nicchia’, e senza nemmeno doversi vestire elegante. Con tutti i difetti della democrazia: che devi ascoltare tutti prima di capire chi vuoi veramente ascoltare e visitare diversi luoghi prima di trovare quello adatto a te; che la posizione privilegiata che si può avere all’esterno è messa in discussione e va riconfermata in rete; che se vuoi proporti come persona intelligente, devi offrire in rete contenuti intelligenti.